| Il post si basa su una breve ricerca fatta da mio figlio negli archivi della Stampa a disposizione di chiunque voglia verificare... Sarebbe interessante incrociare queste notizie con altri archivi (che ne so, Sole 24 Ore, Tuttosport, ecc.) per avere un quadro un po' più completo della vicenda.
Premesso che ritengo che Cairo possa, in caso di salvezza, ancora riscattarsi in qualche modo, ritengo utile fare un'operazione di "memoria storica", andando a ripescare la storia dell'editore milanese nel mondo del calcio, anche per conoscere e capire un po' meglio il personaggio... avventura che non inizia, è bene dirlo, con il Torino, ma con il.... Genoa... nel lontano 1999... e incrocia (incredibilmente) la storia del Toro non già nel 2005, ma in un altro momento ben diverso della storia del Torino, il 2000, quando un certo Aghemo fece carte false per comprare il Torino per nome e conto di un gruppo di imprenditori da cui usci poi il solo Cimminelli. Ma andiamo con ordine. Dopo le inchieste della guardia di finanza sulla Fininvest, Cairo (che per primo ruppe il fronte dei manager sui fondi neri) decise di patteggiare e venne messo alla porta da Dell'Utri. Era il '94-'95: con i soldi della sua liquidazione iniziò la sua avventura fondando la Cairo Editore. L'ineffabile Urbano lavora sodo, ma il suo pallino da sempre è quello del calcio. Quando si sente parlare di lui per la prima volta in riferimento al mondo pallonaro è il 21 novembre del 1999, quando La Stampa, edizione di Savona, a pagina 47, pubblica tra i nomi dei possibili acquirenti (un gruppo cinese) interessati al Genoa di Scerni anche il nome di «Urbano Cairo, editore milanese legato a Tele Piu'». La trattativa, ci informa sempre La Stampa (questa volta ho trovato edizione di Imperia, pagina 45 del 28 dicembre 1999), era già in corso da un paio di mesi. Si parla, sempre per il Genoa di un'alleanza con Scerni, visto che Cairo offriva troppo poco. "Ma quei soldi, ritenuti all'epoca insufficienti per acquistare la societa', potrebbero adesso bastare per siglare un'alleanza con Scerni" scrive l'articolista. Ma Cairo sembra muoversi a 360°: negli stessi giorni un'altra società sta per passare di mano, è il Toro di Vidulich. A volerlo fortissimamente è Beppe Aghemo, piccolo imprenditore, che raccoglie intorno a se una cordata di altri imprenditori. I loro nomi? Ce li fa un giornalista di razza come Giampaolo Ormezzano, l'11 gennaio del 2000, a pagina 27. All'epoca c'era la «Societa' Sviluppo Filadelfia, 10 miliardi di capitale, amministratori Cimminelli, Faussone e Martini (il legale del gruppo)» che partendo dall'intenzione di fare il Fila aveva "assediato" Vidulich e soci con i suoi propositi di fare lo stadio e acquistare il Toro, promettendo che si sarebbe fatto il primo al di là del buon esito della trattativa. Ma che c'entra Cairo, direte voi? Beh, alla domanda di Ormezzano ad Aghemo "Lei vuole comprare il Toro", questi risponde: « «Piu' che mai. Per conto, si capisce, di Franco Cimminelli, Elio Faussone, Urbano Cairo e John Lack, del gruppo che rappresento. Dopo un incontro di queste ultime ore con loro quattro, tre imprenditori italiani e un finanziere americano, correggo una mia dichiarazione a caldo: se ci vogliono lunghe trattative, la fine di gennaio non e' per noi una data assoluta. Possiamo anche andare avanti: febbraio, marzo...». Eccolo lì il nostro! Ma chi sono gli altri compagni di cordata? Il primo già lo si conosce (ahinoi). Elio Faussone è un imprenditore del settore dei rifiuti. Di lì a poco conoscerà l'onta delle patrie galere per un'inchiesta giudiziaria. John Lack all'epoca era (o era stato, non ho trovato dettagli precisi in merito) amministratore di Stream, il canale satellitare concorrente di Tele più, che di lì ad un anno si fonderanno in un unico soggetto. Lo stesso Lack è famoso per essere stato fondatore di Mtv. Quindi è possibile che questa cordata fosse tutt'altro che campata in aria. Poi questi all'ultimo decideranno di tirarsi indietro, lasciando (come disse Cimminelli in una famosa intervista) il cerino in mano al patron della Ergom. Significativo però che lo stesso Cairo, già richiamato al capezzale del Toro ai tempi del passaggio di consegne di Vidulich, sia poi rispuntato, chiamato da Chiamparino, ai tempi del lodo. Però all'epoca Cairo, cuore granata (?) non si fermava un attimo: mentre da un lato incontrava Aghemo per entrare nel Torino calcio, dall'altra trattava con Scerni per il Genoa. Il 17 gennaio 2000 La Stampa, edizione nazionale, pagina 29, Sport, Damiano Basso scrive: "che il presidente Gianni Scerni si e' dichiarato disponibile a trovare un socio che lo affianchi. Si fanno i nomi dell'editore milanese Urbano Cairo e dell'industriale lombardo Franco Polti". Il 29 gennaio 2000, sempre La Stampa, nella pagina di Economia (pagina 17) scrive per la penna di Paolo Lingua che Scerni ha deciso di rimanere al timone del Genoa e che Cairo offre 15 miliardi per la società. Nell'articolo si dice che Scerni ha rifiutato l'offerta di un certo Paolo Maniglio della «Morningside Italia». «Adesso, da pochi giorni, s'e' fatto sotto un personaggio «nuovo», un imprenditore milanese, Urbano Cairo, 40 anni, che ha offerto, si dice negli ambienti sportivi, 15 miliardi per rilevare la squadra. Gianni Scerni ne avrebbe chiesti 25 (...) per ora, non c'e' stata rottura. Scerni ha rilanciato, offrendo a Cairo, per una cifra inferiore al suo «tetto» dei 25 miliardi, la possibilita' di acquisire una quota di larga maggioranza del pacchetto azionario del «Genoa», grosso modo tra il 60% e il 70%». «La trattativa - scrive il giornalista - prosegue lungo canali riservati: Urbano Cairo, comunque, desta a Genova non poca curiosita', essendo un peronsaggio assolutamente nuovo. L'imprenditore milanese opera nel campo della pubblicita' e della comunicazione. Controlla diverse aziende collegate tra loro: Cairo Pubblicita', Cairo Due, Cairo Tv e ha participazioni alla Giorgio Mondadori. In questi giorni, s'e' appreso che Urbano Cairo sarebbe sul punto di collocare in Borsa le sue societa' (non si sa se solo alcune, oppure tutte insieme, magari collegate a una holding). L'acquisto del Genoa, a questo punto, potrebbe essere una azzeccata mossa «d'immagine» per porre sotto i rilettori l'operazione finanziaria borsistica». Sottolineerei l'ultima parte del discorso che mi pare interessante. La Stampa, del 1° febbraio del 2000, edizione di Savone, pagina 42, torna rapidamente sulla notizia dicendo che la trattativa per il Genoa continua. Il tempo stringe, Cairo sbarcherà in borsa nel luglio del 2000. Nel frattempo continua anche quella per il Torino. La Stampa del 15 marzo 2000 pag.29, Sport, autore Bruno Bernardi, scrive che Aghemo stringe per avere il Toro e ribadisce che vuole chiudere. «A rendere piu' fiducioso Aghemo - scrive Bernardi - e' la possibilita', concreta, di inserire un nuovo partner nella cordata, Urbano Cairo, considerato il re della pubblicita', che recentemente era stato sul punto di prendere il Genoa e adesso sembra disposto a entrare nel calcio con il Torino, come azionista di minoranza. Domani a Milano, Cairo incontrera' Aghemo che fara' di tutto per convincerlo a partecipare all'avventura granata, con una carica importante, probabilmente come uno dei due vice-presidenti. L'altro dovrebbe essere Simone Cimminelli, figlio di Francesco, l'aspirante «patron». Poi finalmente qualcosa si muove. Cimminelli la spunta e si ritrova con "il cerino in mano". La prima mossa è assumere Pieroni, uomo di Moggi (guarda caso, eh), famoso per la lite con Bucci. Aghemo spara a zero contro l'uomo che ha contribuito a portare al Toro. E rispunta il nome di Cairo. Scrive il 30 maggio a pagina 35 sempre Bruno Bernardi sulla Stampa: «Giuseppe Aghemo, dopo essere stato l'uomo che ha tirato la volata al gruppo Cimminelli per sottrarre la societa' a Vidulich & C., ora non condivide la scelta di Ermanno Pieroni, l'anti Bucci, come direttore sportivo e potrebbe trasformarsi in un «nemico» del «re della plastica». Nemico al punto che, voce di popolo, darebbe vita a un «comitato di liberazione dagli juventini» proponendo un altro padrone, magari nella figura di Urbano Cairo, il "re della pubblicità"». Ma anche qui non se ne fa nulla. Cairo sparisce per un nome dal giro di quelli che puntano ad entrare nel mondo del calcio. Fino a.... fino a che prenderà il Toro chiamato da Chiamparino, direte voi. Ebbene no. Nel luglio del 2003 c'è un'altra società calcistica in condizioni disperate. E' l'Alessandria. «La nuova Alessandria 1912 - riferisce La Stampa del 29 luglio 2003 - e' da ieri mattina affiliata alla Federcalcio, ma la vecchia Us Alessandria non e' ancora morta. Per questo e per altri motivi, non e' dunque possibile stabilire da quale categoria muovera' i primi passi il club costituito venerdi' scorso dal sindaco Mara Scagni». Anche qui il nostro caro Urbano proverà a comprare l'Alessandria. Cairo, riferisce l'articolista, «aveva detto «no» all'iniziale progetto per i debiti eccessivi dell'Us Alessandria ma ora potrebbe tornare in gioco anche perche' pare che altri personaggi locali si siano mobilitati per dare una mano e assicurare un'«una tantum» al club che permetterebbe di sanare parte degli oneri con i fornitori». Il sindaco doveva scegliere tra Cairo e altri imprenditori. Anche qui fa strano che sia un manager milanese a farsi avanti, ma l'articolista sottolinea che il nostro è originario di Masio. Il 7 agosto parla sempre sulla stampa il portavoce di Cairo, il parlamentare Franco Stradella che dice che «la trattativa e' a buon punto, anche se la conferma non spetta a me, ma al sindaco. L'unica reticenza riguarda il debito di oltre 500 mila da saldare con la Lega Calcio. I legali dell'imprenditore temono che cio' rappresenti ''continuita' aziendale'' con l'Alessandria di Boiardi e che ci sia in futuro il rischio di essere assaliti dal resto dei creditori della vecchia societa'. Se si superera' questo problema, Cairo non avra' esitazioni: ritengo possa essere l'equivalente di Della Valle per la Fiorentina, visto che non ha bisogno di pubblicita', offre ampie garanzie economiche e tiene a riportare in alto i colori grigi». Alla fine però la spunta la famiglia Mastagni, già proprietaria del Novara. Lo stesso Stradella il 9 agosto dichiara alla Stampa: «Urbano Cairo non e' un mestierante del calcio e aveva in mente un progetto serio con risultati a medio termine, disponibilita' economiche adeguate e personaggi all'altezza della situazione disposti ad affiancarlo nella gestione della societa'. Peccato che non possa dimostrarlo, ma credo che la scelta del sindaco sia stata comunque compiuta nell'interesse e per il bene della citta'». Ma quali sono i motivi per cui l'ha spuntata questa famiglia non certa nota nel mondo dell'industria contro lo strapotente e noto Cairo? Dice Stradella: «il sindaco ha ritenuto le garanzie presentate dal gruppo piemontese maggiori e piu' solide rispetto a quelle dell'industriale lombardo. Non conosciamo i parametri che hanno portato alla decisione, ma e' giusto adeguarsi e rispettare quanto e' stato fatto». Ma è lo stesso giornalista a spiegarlo: Cairo non voleva dare la fidejussione da 500 mila euro (cifra notevolissima, suvvia, non accusatelo di essere braccino) perché temeva di perderla. «Pare pero' che sia stato il problema della fidejussione da 500 mila euro a impedire alla trattativa di decollare: i commercialisti di Cairo temevano che il pagamento di quella somma per sanare i debiti della vecchia gestione con il sistema calcio avrebbe comportato una «continuita' aziendale»: si ipotizzava dunque che gli altri creditori dei grigi potessero in futuro rivalersi sulla nuova societa'». Ma i Mastagni entrano subito in crisi, i tifosi contestano e presto la società torna in vendita. A fine ottobre si parla di un nuovo interessamento di Cairo, ma non se fa nulla. Si arriva poi al gennaio 2005; si parla di un nuovo interessamento di Cairo per l'Alessandria, in mano ad un certo Gino Amisano, che tenta di coinvolgere Cairo ma lui si tira indietro. Nello stesso tempo parte l'iniziativa "orgoglio grigio" per fare azionariato popolare. Il primo luglio dello stesso anno Cairo viene premiato dal Kiwanis con il titolo "We build 2005"; il nostro infeffabile Urbano dichiara che il fallimento dell'acquisto dell'Alessandria dipese da un mancato accordo col sindaco. Si arriva quindi ad agosto, esattamente al 18, quando Silvia Garbarino annuncia che Cairo vuole il Toro. Il giorno dopo intervista di Massimo Gramellini al nostro ineffabile. Riportiamo solo l'attacco dell'intervista. «Urbano Cairo, provi a dire: Pulici. «Pulici. Perche'?». Quello di prima diceva Pulicio. Lei sa chi e' Pulici, vero?» «Vuole che reciti la linea d'attacco del '76? Claudio Sala, Eraldo Pecci, Ciccio Graziani, Zaccarelli, Pulici». Bravo. Il giorno dell'ultimo scudetto dov'era? «E chi se lo ricorda, e' passato tanto tempo. Avevo 19 anni. Pero' posso dirle dov'era mia mamma, alessandrina come papa', nell'ottobre del 1949. A San Siro per un Milan-Toro. Gli orfani di Superga persero 7 a 1 e lei pianse per tutto il tragitto fino a casa. Non amo la retorica, ma e' anche per mia madre e mio padre che voglio comprare il Toro». E per cos'altro? «Non per la visibilita', giuro. Anche se... Quando ho sfondato nel mercato dei settimanali popolari con Dipiu', sui giornali mi dedicarono un trafiletto. Mentre e' bastato che decidessi di comprare il Torino ed ecco un'intervista di 300 righe. Non esageriamo, 150. Giovane, ambizioso, editore esperto di pubblicita', molto ricco e pure un po' tifoso. Lei sa da quanti anni i cuori granata aspettavano qualcosa di simile? «Ricordo la marcia dei cinquantamila. E' che allora non me lo potevo ancora permettere. Sia chiaro che in quest'avventura non investirei il capitale delle mie societa', ma solo il patrimonio personale. Che e' piuttosto importante, comunque». Il resto è storia, cari miei. Probabilmente molti di voi queste cose già le conoscevano ma alle volte un po' di memoria non fa male. A voi le conclusioni (e perdonate la lunghezza).
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